I sensi dell'India
di Rita Manzoni
Ti hanno detto che il caldo sarebbe stato insopportabile: una patina di umidità appiccicosa ti dà il benvenuto all'aeroporto di Madras e ti accompagna ogni istante del viaggio.
Ti hanno detto che i tuoi sensi sarebbero stati messi a dura prova: il tanfo nauseabondo degli slum, fogne a cielo aperto, i gas di scarico di un traffico impazzito, gli effluvi penetranti delle corone di gelsomino vendute dalle fanciulle agli incroci, sferzano, in una girandola di sensazioni, un olfatto non più abituato a odori così decisi.
E, a gara, le urla dei venditori, i clacson assordanti dei carri, le trombe stonate dei risciò in una moderna Babele dove il silenzio è diritto negato.
Ti hanno detto che avresti incontrato l'umana miseria: mendicanti storpi, bambini sporchi e malnutriti, lebbrosi in cui solo gli occhi ancora conservano tracce della dignità di un tempo lontano.
Tutto questo non ti spaventa: ti sei ben preparata, sei venuta armata di tutta la compassione e la pietà a cui un lungo quanto ipocrita esercizio di buoni sentimenti ti ha allenata, pronta a commuoverti, ma inconsapevolmente decisa a non lasciarti toccare da nulla.
Eppure l'India ti ha preso a tradimento...
Non pensavi che il deciso rimprovero di Amrika, la piccola indiana della missione di padre Kimpton, che ha smascherato il tuo goffo tentativo di nascondere la mezza cipolla che non avevi mangiato, ti avrebbe fatto vergognare tanto dell'insulto che tu, figlia schizzinosa di un mondo sprecone facevi a chi sa ringraziare anche per un solo chicco di riso donato.
Non sapevi che nei quieti gesti del reduce gandhiano che con umiltà e fierezza ti ha fatto partecipe di una vita rispettosa dei ritmi naturali, dividendo con te il suo cibo, avresti intravisto quella pace che da tempo vai cercando, inutilmente.
Non potevi neppure immaginare che nella serenità del volto di Kate, la volontaria inglese della comunità che raccoglie gli ultimi tra gli ultimi, indiani intoccabili e per giunta handicappati, avresti intuito che quella che tu chiami rassegnazione è soltanto l'infinita pazienza di chi sa accettare con superiore saggezza l'umana sofferenza.
E certo non avevi previsto che la vitalità dei bambini sguazzanti nelle pozzanghere o il sorriso complice e solidale delle donne che facevano a gara a farsi fotografare ti avrebbe fatto ritornare la voglia di cantare.
Tutto questo non te lo hanno detto ...
E hai avuto paura, paura di non riuscire a perdonarti la stupida arroganza con cui credi di sapere sempre tutto.
Nandri Chennai, vannakam: grazie Madras, arrivederci.
P.S. Un grazie particolare ai miei compagni di viaggio, che con amorevolezza hanno saputo perdonare tutte le volte che "non riuscivo" a capire.