Pedimos justicia, non venganza - Messico
di Luca D’Ammora e Nadia Di Lernia
"Pedimos justicia, non venganza". Risuonano nella testa queste parole, e credo siano uno dei più bei ricordi che ci portiamo via dal Chiapas. Eravamo ad Acteal, quando le abbiamo sentite da due rappresentanti del gruppo Las Abejas che ci stavano raccontando la storia della loro organizzazione e
comunità, la tragedia del 22 dicembre del '97, la situazione attuale ancora così minacciata dai paramilitari.
E quando ci hanno raccontato come conoscessero perfettamente gli autori di quel massacro e di come sapessero dove si trovassero, davanti al nostro
stupore di come mai queste persone potessero andare in giro senza temere della propria incolumità dopo ciò di cui si erano resi responsabili, ci hanno
guardato quasi stupiti, spiegandoci appunto che non erano interessati alla vendetta, ma di volere soltanto la giustizia. Una giustizia che dovrebbe
venire da uno Stato che qui è ben presente solo con la sua espressione più becera, quella militare, mentre per la sanità, l'istruzione, le infrastrutture e, per l'appunto, giustizia, da queste parti non si è mai visto.
Ci hanno mostrato la chiesa, una costruzione in legno appena più grande delle altre, con ancora i fori dei proiettili sulle pareti. I proiettili dei paramilitari, che in quel maledetto 22 dicembre hanno massacrato 45 persone: nove uomini, il resto donne e bambini. Ci hanno mostrato l'immensità della selva da dove sono sbucati i paramilitari quando la maggior parte degli uomini del villaggio erano nei campi a lavorare. Ci hanno mostrato il mausoleo, con le fotografie e le date di nascita di alcune delle vittime, appese ad una parete intorno ad una croce. Vorremmo imprimere queste foto nella mente, per non dimenticare i volti, ma all'ennesima data di nascita appartenente a questo decennio, la vista diventa insostenibile.
Quando usciamo dal mausoleo c'è una partita di pallavolo in corso nella comunità, e l'atmosfera di allegria ci aiuta a scuoterci dal tumulto di sensazioni che quel pomeriggio ci ha suscitato. Andandocene ci fermiamo da un gruppo di bambini, i loro sguardi pieni di vita sono identici a quelli delle foto di un attimo prima.
Eravamo arrivati 12 giorni prima a Città del Messico che ci è apparsa dall'aereo ancora più incredibile di come ci era stata raccontata: un'immensa distesa di case che si sono ingoiate anche l'aeroporto, tant'è che la sensazione di atterrare sui tetti delle case è fortissima.
Del Tempio Mayor, la costruzione principale della capitale azteca Tenochtitlan, una delle perle delle civiltà precolombiane, non resta più nulla, vittima della brutale distruzione compiuta dai conquistadores per costruirvi sopra la cattedrale oggi associata al ricordo del genocidio della conquista, e per questo monumento all'efferatezza umana, più che simbolo religioso.
Sensazioni altrettanto forti sono quelle dovute agli splendidi murales di Rivera del Palacio Nacional. Non dimenticheremo certo nemmeno le parole di Andres, professore di economia presso la UNAM, forse la più grande università del mondo, che con la sua analisi semplice e terribilmente efficace ci aiuta a comprendere la situazione odierna del Messico. Andres ci illustra i problemi derivanti dal NAFTA, l'accordo che prevede il libero commercio ma non il libero scambio della forza lavoro nel Nord America, esempio emblematico di come la politica USA sia liberista laddove si tratta di tutelare il capitale, ma estremamente antiliberale quando si tratta di applicare gli stessi principi all'utilizzo della forza lavoro, che invece può continuare ad essere sfruttata a 45 centesimi di dollaro all'ora.
Ma è per il Chiapas che abbiamo scelto questo viaggio. Finalmente arriviamo a Palenque. Ci sistemiamo a Misol-Ha, una cooperativa indigena che ha costruito un piccolo insediamento turistico con alcune capanne e un ristorantino vicino ad una splendida laguna con cascata; qui si puo' nuotare e sfuggire così ai 40 gradi con umidità al 95% e farsi fare l'idromassaggio dall'acqua che cade da più di trenta metri di altezza. La sera, dormire nelle cabanas è un'esperienza splendida, con i rumori della selva che ogni tanto emergono dal sottofondo costante e cupo della cascata. E per i più fortunati Monica e Roberto c'è la visita notturna di uno scoiattolo che viene a far compagnia dentro le cabanas. L'incontro con i responsabili della cooperativa ci dà un'indicazione di come in fatto di conquiste sociali siano molto più avanti di noi: i lavoratori si alternano in due gruppi, ogni 15 giorni, in modo che si possa dare lavoro al doppio delle persone.
Raul sarà la nostra guida a Frontera, al confine con il Guatemala, per visitare una cooperativa indigena e le rovine di Yaxchilan, nel cuore della Selva Lacandona. Anche Raul non si farà dimenticare facilmente: cubano con la rivoluzione nel cuore, mosso da una passione vera e incontenibile (e lui, a dire il vero, non aveva nessuna intenzione di contenerla) per la giustizia e per i diritti e la dignità dei più deboli. Grande Raul.
Frontera ci accoglie con una giornata di pioggia incessante, che trasforma il villaggio in un misto di acqua e fango, in cui i bambini si trovano perfettamente a loro agio. Non sono molti i turisti che si fermano a Frontera, anzi forse sono solo quelli che vengono ospitati dalla cooperativa Nueva Alianza': l'accoglienza è fantastica, ci ospitano nel piccolo ristorantino dove veniamo nutriti con un ottimo brodo con carne di pollo e verdure. Poi, dopo averci raccontato la storia della cooperativa, ci regalano una serata musicale con i tre menestrelli che ripetono incessantemente gli accordi della musica popolare locale.
Ed è splendido passare la notte al riparo di una cabana con le amache dotate di mosquiteros' e la sola luce di alcune candele a far compagnia al silenzio della notte.
La prossima tappa è Altamirano. Lungo il percorso visitiamo le belle rovine di Toninà, passando accanto ad un accampamento militare imponente con i militari che puliscono e imbiancano quello che ci appare come un monumento all'orrore per la visita del Presidente Zedillo.
L'ospedale di Altamirano, invece, è un monumento alla solidarietà e alla speranza, costruito con poche risorse, ma con grandissimo amore. Lo si capisce dagli sguardi delle persone che incontriamo la mattina presto al nostro arrivo: sguardi dei parenti e amici degli ammalati. Una donna piange, la Sorella responsabile dell'ospedale se la prende fra le braccia: la donna non smette di piangere, ma sente vicino a sé che qualcuno condivide davvero il suo dolore e farà tutto il possibile per alleviarlo.
Parliamo con la responsabile del reparto di pediatria, una giovane volontaria che ci racconta di come la sua frustrazione maggiore sia quella di avere bambini malati, di sapere che si potrebbe curarli al meglio, ma di non poterlo fare per mancanza di mezzi e risorse. E il nostro pensiero va a Zedillo e ai suoi militari imbianchini del giorno prima.
Le immagini di Altamirano non smettono di accompagnarci per i successivi giorni nella splendida San Cristobal de las Casas, dove riusciamo ad innamorarci tutti quanti di questa cittadina dai mille colori, odori, suoni e contraddizioni.
Lasciare San Cristobal vuol dire lasciare il Chiapas, e quando il nostro pullman affronta alla messicana' i tornanti de Los Altos, per le 14 ore di viaggio che ci porteranno sulla costa del Pacifico, la sensazione è quella di aver vissuto esperienze importanti, di aver conosciuto persone incredibili, che sanno con chiarezza per che cosa valga la pena vivere, che sono disposte a dare tutto se stesse per ciò in cui credono. Persone che nella vita hanno fatto delle scelte precise e importanti, e ne vivono le conseguenze fino in fondo. Persone felici.
Alla fine salutarci è difficile, ci siamo fatti molta compagnia e siamo coscienti che il fatto di aver vissuto insieme alcuni momenti così forti', ci renderà il ricordo di ognuno di noi indimenticabile, anche se dovessimo perderci di vista. E così, sullo Zocalo di Oaxaca più che un saluto è un ringraziamento per aver voluto vivere assieme questa esperienza: Andrea, il nostro fantastico accompagnatore a cui tanto dobbiamo per la buona riuscita del viaggio, Adriana, una persona speciale, Monica e il suo splendido sorriso, Marina e Nino, dalle domande tanto intelligenti quanto intraducibili, Enos, compagno di interessi sportivi, Roberto e Rita, instancabili cantanti dal repertorio smisurato oltrechè splendidi compagni di viaggio. Un caro saluto a tutti, nei nostri ricordi più belli e intensi del Chiapas, ci siete anche voi.