Que hace un grupo de turistas aquì? - Messico
di Marco Valenti ed Elena Romagnoli
Nell’agosto 2000 è stato inaugurato un nuovo itinerario nel Messico del Nord, ecco il resoconto di due partecipanti...
“Che ci fa un gruppo di turisti qui?” Il senso del nostro viaggio, o di qualunque viaggio in luoghi “sospetti” dal punto di vista turistico, sta già lì nel titolo. Poi, se volete, aggiungiamo che 12 turisti italiani (+ 3 guide) non passano inosservati appena posano i piedi sull’arido suolo dell’aeroporto di Ciudad Juarez. Avrete forse già capito che stiamo parlando del viaggio nel Messico del Nord.
Perché ritornare in Messico dopo essere stati in Chiapas l’anno scorso ?
Che ci facevamo lì? Lo sapevamo bene cosa avremmo fatto lì:
”cospirare” con gli attivisti di base e gli psicologi che lavorano a fianco degli operai delle maquiladoras;
ritornare sui banchi dell’università con i docenti del “Colegio de la Frontera del Norte” per inquadrare (storicamente ed economicamente) i problemi della frontiera, delle maquiladoras, della violenza sulle donne;
incontrare le donne di “Voces sin eco”, organizzazione che da anni lotta per fare chiarezza sugli oltre 300 casi di figlie, sorelle, amiche trovate morte o desaparecidas nel deserto circostante la città.
Eravamo lì a toccare con mano il confine tra Messico e Stati Uniti, che è come dire il confine tra Nord e Sud del Mondo, la cerniera che unisce/separa la globalizzazione che fa bene (al portafoglio delle multinazionali ) da quella che fa male (alla dignità delle persone, ai diritti dei lavoratori, al P.I.L. dei paesi meno ricchi, ecc…).
Un’escursione al crepuscolo nei parchi industriali ci permette (nonostante il buio incombente) di mettere a fuoco più da vicino le maquilas:
fuori, fabbriche dal look impeccabile, prefabbricati molto simili a quelli che punteggiano la A4 Milano-Venezia (recintati e guardati a vista da polizie private, pronti ad essere abbandonati e “trasferiti” 50 chilometri più a sud lungo il Rio Bravo al primo accenno di lotta sindacale…);
dentro – l’unica cosa visibile dall’esterno – mense luccicanti, un motivo di attrazione per chi talvolta è costretto a mangiare carne in scatola…per cani!…; e poi “il racconto dell’inferno” .... catene di puro assemblaggio e montaggio scanditi da ritmi insostenibili (fino a 2 turni consecutivi al giorno, resi “sostenibili” in alcuni casi da stimolanti/eccitanti copiosamente distribuiti dai capi-reparto)…..salari da fame (in proporzione al costo della vita, i più bassi al mondo!)…..contratti rigorosamente individuali (di 28 giorni al massimo - per non pagare contributi e previdenza - rinnovati solo se si è stati “bravi”…) ... manodopera prevalentemente femminile (più docile e più facilmente ricattabile) e di
età compresa tra i 16 e i 40 anni (sopra i 40 sei fuori)…
Abbandoniamo “il girone” Juarez per incontrare i suggestivi resti in adobe del sito di Paquimé, insediamento indigeno che ricorda alcuni siti più a nord in territorio ora statunitense, prima messicano, prima ancora…non ci viene nemmeno la parola; Colombo e tutti gli altri, come sempre, hanno creato casino!
Poi Chihuahua…
”las Madres de los Presos Politicos” degli anni ’70 e ’80 (sì anche il Messico ha avuto i suoi prigionieri politici, i suoi desaparecidos, ecc…) madri che ci regalano un caldissimo abbraccio collettivo, e dopo il pranzo e le “chiacchiere” su politica, letteratura, psichiatria e cinema italiani strappano al gruppo una “Bella Ciao” corale inevitabilmente bagnata di lacrime.
Andiamo a trovare i debitori (associati nella difesa comune contro la privatizzazione del debito bancario e gli scandali del Fobaproa…) de “El Barzon”, sempre all’erta contro ufficiali giudiziari e ipotecari…
Poi, vicino a Cuhautemoc, ecco madre Lolita di “el Ranchero Solidario”, (suora francescana allontanata dall’ordine perché un po’ troppo comuni…taria) che organizza una specie di gruppo d’acquisto e/o di cooperativa di consumo, dove l’agricoltura biologica, la condivisione dei beni, l’aiuto reciproco … sono di casa.
E poi …(prendete una cartina del Messico):
l’ immersione naturalistica a Creel (con l’escursione per il bagno nelle acque termali sul fondo di un canyon, costata abbastanza cara alla salute di un paio di noi!);
l’incontro, anche se breve, con la comunità nativa dei Raramuri e la loro affascinante e misteriosa tradizione;
il lungo (12 ore e più ) ma spettacolare viaggio in treno attraverso la “Barranca del Cobre”, un grandissimo e verdissimo canyon che attraversa da nord a sud-ovest il Messico del nord;
la sosta a Mazatlan, località di mare, anzi di oceano, molto turistica e piuttosto decadente, ma per alcuni utile per tirare il fiato (si fa per dire perché se a Ciudad Juarez d’estate il termometro va oltre i 40 all’ombra di giorno, ma con un tasso di umidità risibile, a Mazatlan gli stessi gradi sono accompagnati da un umido che può competere con la selva di Palenque in Chiapas!);
e ancora Guadalajara, dove incontriamo attivisti, studenti e sindacalisti di base con i quali, tra commozione loro e nostra, cibo a profusione e canzoni, si finisce per parlare di … D’Alema e della “sinistra” (sic) italiana!
Sono i giorni in cui leggiamo (sul giornale conservatore Heraldo de Chihuahua) che 150 lavoratori di una maquila sono rimasti intossicati da una fuga di piombo, con gli addetti alla sicurezza che hanno impedito loro di raggiungere i cancelli fino alla fine del turno di lavoro (due morti cerebrali… ma la direzione dell’azienda fa sapere che avevano già avuto problemi di salute il mese prima…).
Infine Morelia, bella città coloniale…(anche se la paccottiglia post-colombiana non ci entusiasma…) e l’uscita a Pazcuaro con un collettivo di donne indigene Purepecha…
Eccoci di ritorno a Mexico, nostra prima e obbligata tappa, dove eravamo rimasti due giorni per vedere poche delle tantissime cose che la capitale offre e da dove eravamo partiti con un volo per Ciudad Juarez…
..
“Estamos aquì para hacer la Barranca del Cobre” ci aveva risposto Renato, guida degli ormai collaudati viaggi nel Messico del sud, e ora anche, insieme a Veronica (e Ernesto) del viaggio nel Messico del Nord.